LA SOSTENIBILITÀ DELLA RIVOLUZIONE VERDE E DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

La grande corsa ai 59,33 miliardi del Recovery Plan

Il governo Draghi ha pensato di destinare 59,33 miliardi di euro alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, di cui 23,78 miliardi di euro saranno destinati all’incremento della filiera delle energie rinnovabili in agricoltura, a provvedere allo sviluppo di impianti di stoccaggio per l’energia in eccesso, al trasporto sostenibile, a favorire impianti innovativi e a reti intelligenti di gestione dei flussi energetici.

Ad avere importante rilevanza nel pacchetto Recovery, secondo le direttive indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico sarà anche il tema «idrogeno» che conterà 3,19 miliardi di euro di cui:

  • 2 mld di euro in riconversione di acciaierie, cementifici, etc.;
  • 160 mln di euro destinati alla sperimentazione e alla ricerca;
  • 500 mln di euro per la produzione di idrogeno in aree industriali;
  • 530 mln di euro per la sperimentazione nel trasporto pubblico (ferroviario e/o stradale).

COS’È L’IDROGENO?

L’idrogeno è il primo elemento chimico della tavola periodica e il più leggero (indicato con la lettera H). Esso è l’elemento più abbondante dell’Universo in quanto si può ottenere da carbone, metano o acqua.

Tuttavia, esso richiede un particolare e costoso processo di lavorazione e produzione affinché raggiunga l’utilizzo finale.

Oggi nel mondo si producono circa 70 milioni di tonnellate di idrogeno, di cui il 96% deriva da combustibili fossili e prende il nome di idrogeno «grigio» (per produrne 1 kg ne libera 9 kg di CO2).

Mentre, l’idrogeno viene chiamato «blu», quando la CO2 prodotta viene recuperata sotterrandola in impianti di stoccaggio utilizzando giacimenti esausti di gas o petrolio. Tuttavia, l’anidride carbonica una volta sotterrata diventa liquida aumentando di volume e secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche aumenterebbe il rischio sismico di un Paese già tragicamente segnato da inadeguatezze strutturali e non conformità alla normativa antisismica.

VERSO L’IDROGENO VERDE

L’idrogeno «verde» è la variante green dell’idrogeno, già obiettivo di investimenti in paesi all’avanguardia come Australia e Giappone, prodotto ad impatto ambientale zero mediante l’elettrolisi dell’acqua. L’energia elettrica per produrlo proviene, per la maggior parte, da fonti rinnovabili. Ciò nonostante, l’idrogeno «verde» è solo il 4% della produzione mondiale per tre ragioni principali:

  1. non disponiamo di fonti di energia rinnovabile sufficienti alla produzione;
  2. il processo di produzione è particolarmente energivoro;
  3. il costo fuori mercato in quanto è stimato attorno ai 5 euro al chilo, contro l’1 di quello grigio.

La Commissione Europea, però, prevede che con l’aumento della produzione il costo degli elettrolizzatori, i macchinari per produrre idrogeno dall’acqua, si dimezzerà entro il 2030 e nel 2040 l’idrogeno verde dovrebbe diventare competitivo con un costo stimato di 2 € al kg, consentendo nell’arco di 10 anni di sostituire con idrogeno il combustibile fossile soprattutto nell’industria del trasporto pesante.

Interventi suggeriti dall’UE:

  1. ridurre lo spreco di calore rifacendo gli infissi;
  2. installazione di reti intelligenti e sistemi integrati fatti di pompe di calore geotermico, fotovoltaico, solare e/o eolico;
  3. sperimentazione e ricerca attraverso i 3,19 miliardi di euro finanziati dall’Italia per la transizione verso l’idrogeno.

LA SCOMMESSA DELLA RIVOLUZIONE VERDE E TRANSIZIONE ECOLOGICA

L’idrogeno «verde», quindi, dovrebbe diventare un elemento cardine per un futuro decarbonizzato ed ecologico.

L’Unione Europea ha deciso di fissare le emissioni di carbonio, le quali dovranno azzerarsi entro il 2050 attraverso una strategia operativa in tre tappe:

  1. installare 6 gigawatt di elettrolizzatori entro il 2024 per produrre fino a 1 milione di tonnellate di idrogeno «verde»;
  2. entro il 2030 almeno 40 gigawatt;
  3. entro il 2050 un quarto dell’energia rinnovabile generata servirà a produrre idrogeno verde.

Tuttavia, secondo le stime del Cnr non andremo oltre le 700 mila tonnellate al 2024 e 4,5 milioni al 2030.

Si prevede anche un rilancio dell’economia con 5 milioni di nuovi posti di lavoro per un volume d’affari di circa 12 miliardi di dollari nel 2050.

Occorre investire sulla produzione di energia rinnovabile in quanto, ad oggi, l’Italia è troppo lenta secondo l’IRENA e gli obiettivi da raggiungere nel 2030, così procedendo, arriveranno nel 2085.

È fondamentale che l’Italia non indugi rispetto ai propri concorrenti europei come Germania che vanta gigantesche produzioni eoliche nel Mare del Nord o la Francia che sfrutterà i bassi costi dell’energia nucleare.

Il grave rischio è quello di perdita di competitività nel nostro sistema industriale.

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